Una storia d'amore e morte che vi condurrà al confine tra i mondi

martedì 8 luglio 2014

Approfondimenti: La tradizione dei funerali in Puglia



La vestizione di una salma, così come l’intero rito funebre, era un atto d’amore a esclusivo appannaggio dei vivi. Ed era proprio in questo modo che Iuri interpretava il suo lavoro, come un atto d’amore nei confronti di quelli che restavano. (Reborn)



Questo breve passo tratto dal romanzo esprime il pensiero di Iuri, ma credo contenga una verità universalmente condivisibile. Il rito funebre, sin dalle sue origini, assume un significato sociale e assolve alcune funzioni anch’esse di carattere sociale: ufficializza e rende nota alla comunità la dipartita, crea le condizioni affinché venga espressa solidarietà alla famiglia, dà luogo alla celebrazione religiosa o etica dell’evento.

Comunque si svolga, il rito funebre segna quel delicatissimo momento di passaggio che prelude all’elaborazione del lutto.

Variegate sono le usanze che lo accompagnano a seconda delle culture e delle aree geografiche di riferimento ma anche in relazione al tempo poiché le tradizioni si evolvono o subiscono mutamenti per adattarsi al progresso.

Nel breve passo che segue fornirò una descrizione − basata essenzialmente sulla mia esperienza diretta − di come si svolgono i riti funebri in Puglia (più nello specifico nelle piccole comunità della provincia di Bari). È questo il modello a cui mi ispiro in Reborn.

Oggi, molte delle vecchie tradizioni si stanno perdendo per far fronte a esigenze di carattere pratico, tuttavia nei piccoli paesi tendono a perdurare più che nelle grandi città.



Immaginate dunque di essere in un paese pugliese come Gioia del Colle e di prendere parte a un funerale. Il rito si svolge così:



Solitamente la camera ardente viene allestita in casa del defunto. Viene scelta allo scopo la stanza più grande, sgomberata e bardata a lutto. 

Lungo le pareti vengono sistemati dei fondali di colore scuro e vengono disposte delle sedie in circolo per ospitare coloro che parteciperanno alla veglia, mentre al centro dell’ambiente viene posizionata la bara, illuminata da ceri votivi posti a capo e a piedi.

Contemporaneamente viene apposto un simbolo di lutto all’esterno dell’abitazione, in corrispondenza della porta d’ingresso. Oggi si utilizzano delle coccarde in stoffa nere o viola, ma fino a non molti anni fa vigeva l’usanza di appendere sull’uscio un pesante drappo scuro. 

Accanto all’ingresso viene posizionato anche un tavolino con un registro affinché tutti coloro che vengono  a visitare il morto possano firmarlo lasciando un segno del loro passaggio.

Per l’occasione la porta di casa rimane aperta e qualsiasi membro della comunità può entrare liberamente a porgere il suo saluto.

La salma viene così vegliata per un’intera notte. Di solito sono i cari più intimi coloro che rimangono a fare la veglia fino all’alba, i parenti e gli amici che si accomiatano prima o che non possono garantire la loro presenza, si premurano di inviare a chi resta bevande o piccoli spuntini per alleviare la fatica della nottata insonne.

Il giorno seguente, poco prima dell’orario stabilito per il funerale, arriva il prete (ovviamente solo se è previsto il rito religioso) a dare la sua ultima benedizione. Segue un addetto delle Pompe funebri per la chiusura della bara.

Il feretro viene condotto in spalla fuori dall’abitazione, ove possibile da persone care al defunto, e da lì trasportato in auto in chiesa o direttamente al cimitero. Una piccola banda cittadina lo accompagna durante il breve tragitto  a piedi.

Oggi i trasporti vengono tutti effettuati con le automobili ma fino a non molti anni fa esisteva la possibilità di optare per una carrozza trainata dai cavalli. Generalmente era il mezzo più ambito poiché simboleggiava ricchezza o rispettabilità sociale.

Nel mio paese fino a una decina circa di anni fa erano ancora in voga i funerali con le carrozze e vigeva ancora l’usanza di accompagnare il defunto al cimitero in corteo. 


Quattro cordoni erano posti ai lati del carro funebre, ciascuna estremità veniva stretta da un parente prossimo dello stesso sesso del defunto.

Subito dietro il carro seguivano gli altri parenti intimi e a seguire quelli più lontani, fino ad arrivare agli amici e ai conoscenti.

Il corteo attraversava l’intero paese. Al suo passaggio, annunciato dalla banda che lo accompagnava lungo tutto il tragitto, le finestre si spalancavano e i passanti si fermavano per calarsi il cappello o farsi il segno di croce in segno di saluto.


A conclusione del rito i parenti si riuniscono tutt’oggi per il “banchetto consolatorio”, un pasto che viene consumato in onore del caro estinto ma il cui significato simbolico è quello di riavvicinare coloro che restano al piacere della vita che continua.















  








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