Tutto il romanzo ruota intorno a un’idea di reincarnazione
di ispirazione neopagana.
La morte coincide con l’inizio di una nuova vita poiché,
abbandonato un corpo o un dimensione, la persona torna a vivere in un altro
spazio-tempo.
A regolare questo ciclo continuo non vi è però alcun vincolo
che rimandi alla condotta morale dell’individuo, in ciò il processo di
reincarnazione a cui si fa riferimento
nel romanzo si differenzia da quello di stampo buddista. Se nel buddismo il
soggetto può reincarnarsi in un essere superiore o inferiore a seconda di come
si è comportato nella vita appena conclusasi e aspirare a una progressiva
ascesa, in questo caso si “reincarna” in maniera del tutto casuale. La vita che
segue può essere peggiore o migliore della precedente ma la sua qualità non ha
alcun legame con le sue precedenti azioni. La logica (o assenza di logica) che
regola l’eterno ritorno è completamente estranea a quella dei premi e delle
punizioni. Inoltre si tratta di un ciclo che non ha mai fine e che, come tale,
non contempla punti di arrivo né possibilità di ascesa.
A sottendere questa visione dell’esistenza vi è poi l’idea
della coesistenza di dimensioni parallele che corrispondono all’attuazione di
tutti i mondi (leggasi anche percorsi) possibili.
Ogni uomo non vive una sola vita ma infinite vite quante
sono le possibilità date in teoria. In sostanza, ogni scelta scartata “qui e
ora” è una scelta che si realizza da un’altra parte.
Solitamente, nel passaggio da una vita all’altra i ricordi
si perdono, tuttavia esistono delle eccezioni. Iuri è un’anomalia in questo
senso.
Nel passo che segue Ogma si fa portavoce di questa filosofia
di vita:
[…] Il vostro più grande errore sta nel
sottovalutare il Caos. Lascia che te ne dia una dimostrazione.» Ogma reclinò il
capo lasciandosi cadere l’occhio finto sul palmo della mano. Lo chiuse in un
pugno e vi soffiò dentro come fosse un prestigiatore, poi, sotto lo sguardo
stupefatto di Iuri, allentò la stretta e un cilindretto si materializzò nelle
sue mani. Sorrise mostrando i denti candidi, quindi porse l’oggetto al suo
interlocutore. «Avanti, prendilo! Non è un’arma letale, è solo un
caleidoscopio.»
L’altro afferrò il manufatto con sospetto.
«Sai come si usa?»
Iuri annuì.
«Forza allora, guardaci dentro e dimmi cosa
vedi.»
Lui obbedì di nuovo. Accostò un occhio
all’obiettivo e guardò. «Vedo schegge di vetro colorato.»
«Molto bene, adesso ruotalo e poi dimmi di
nuovo cosa vedi.»
Iuri eseguì. «Tre stelle, ciascuna di colore
diverso. Una è posta in cima alle altre due a formare una specie di piramide.»
«Un disegno meraviglioso. Non trovi?»
Iuri si allontanò il caleidoscopio dal viso
e tornò a guardare Ogma. «Te lo concedo.»
«L’attimo prima c’erano solo pezzetti di
vetro. È bastato un colpetto e quei vetri si sono spostati componendo un
disegno bellissimo. Se torni a ruotare il cilindro la magia si compirà ancora:
i vetrini si sparpaglieranno e poi andranno a comporre una figura nuova, diversa
ma non meno sorprendente. Così all’infinito. E ora dimmi, l’artista chi è?»
L’altro fece spallucce e restituì lo
strumento.
«A me puoi dirlo» lo incoraggiò Ogma in tono
suadente. Soffiò sul caleidoscopio e al suo posto ricomparve l’occhio.
«Nessuno» aggiunse sistemandolo nell’orbita vuota. «Per quanto siano
meravigliosi, quei disegni nascono dal Caos e sono del tutto casuali. Non c’è
nessuno a progettarli né a eseguirli eppure ciò non li rende meno
apprezzabili.» Fece una pausa e bevve ancora. «Voi uomini siete schegge di
vetro, Iuri. Schegge di vetro lanciate sul piano dell’infinito, mille e mille
volte. Ciascuna delle vostre vite è un disegno casuale che si realizza. A volte
si tratta di un capolavoro, altre volte no, ma non c’è un progetto e nemmeno un
padre amorevole. Non c’è amore lassù e non siete i figli privilegiati di
nessuno. Che ti piaccia o no, quelli che reputi piccoli miracoli non sono che
coincidenze. Strabilianti. Fottute. Coincidenze.»
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