Reborn è ambientato a Gioia del Colle, paese in provincia di
Bari, che è anche il mio paese di origine, quello in cui sono nata e ho sempre
vissuto. Nel romanzo è citato con l’appellativo familiare “Gioia” comunemente
usato in loco.
L’azione si svolge prevalentemente in due luoghi: il
cimitero e il paese vecchio.
Il cimitero: è il
luogo in cui trascorre la maggior parte del suo tempo Iuri, non solo in quanto
impiegato delle Onoranze Funebri Di Spirito ma anche perché avverte un
particolare feeling con questo luogo. Iuri ama passeggiare tra le lapidi e prendersi
cura delle tombe abbandonate. Inoltre, è qui che si trovano i suoi due unici
amici: Filippo, il custode, e Santino, un homeless ultranovantenne che da
diversi anni si è accampato in un loculo.
Il temporale era
cessato da poco. Iuri inspirò a fondo uscendo dal gabbiotto del custode, a
passo lento si incamminò verso la fontana posta oltre l’ingresso del cimitero
monumentale. Aveva un mazzo di crisantemi stretto nella mano destra e una
lattina vuota nell’altra. La riempì badando bene a non bagnarsi e imboccò la
scalinata che conduceva all’area sotterranea. Decessi permettendo, amava
cominciare così le sue giornate. Un caffè in compagnia del buon Filippo e poi
una passeggiata tra le tombe di persone che probabilmente non aveva mai
conosciuto da vive, ma che da un po’ di tempo alleviavano la sua solitudine.
[... ] (passo tratto da Reborn)
Il paese vecchio:
è qui che abita Elga e svolge l’attività di dollmaker. Vive in una casa antica
dislocata su due piani, ristrutturata quando il marito, Andrea, era ancora
vivo. La sua vicina è l’anziana Costanza che occupa il sottano di fronte.
Il sottano (corrispettivo del basso napoletano) è una tipica
a abitazione del sud sita a pianterreno e, solitamente priva di finestre.
[…] La vecchia casa ristrutturata in cui
abitava sorgeva in una viuzza anonima del centro storico. Quando Andrea l’aveva
acquistata era poco più che un rudere, ma insieme l’avevano rimessa a nuovo
imparando ad amarne ogni centimetro quadro. Adesso che era rimasta sola,
l’amava ancora di più perché tutto lì dentro la riportava indietro e l’aiutava
a tenere vivi i ricordi. Come d’abitudine aprì il portone evitando di fare
troppo rumore. Sebbene i suoi vicini fossero brave persone, la discrezione non
rientrava fra le loro virtù, erano sempre lì pronti a scattare dietro i vetri
per tenersi aggiornati sulle novità e avere costantemente argomenti freschi di
conversazione. Tipico nei quartieri vecchi di un paesino di provincia in cui
anche uno starnuto di troppo è sufficiente a far notizia. […] (passo tratto da
Reborn)
Piazza Pinto (o
Villa): è il luogo preferito di Rea. Qui la conduce spesso Elga perché
possa divertirsi nel piccolo parco giochi.
[…] Girovagò per un po’ senza meta poi, giunta
a piazza Pinto, proseguì fino all’area con le giostrine e si accomodò su una
panchina. Il freddo del ferro la raggiunse attraverso i vestiti, insieme a un
paio di dejà vu che contribuirono a raggelarla del tutto.
Lei che sedeva nello stesso posto, un libro
aperto sulle gambe e lo sguardo rivolto alle altalene più in là. Martina che
dondolava mentre Andrea ridendo la spingeva sempre più forte.
«Vuoi toccare il cielo?»
«Oh sì, fammi toccare il cielo papà!» E poi
rivolgendosi a lei con un sorriso più radioso del sole. «Guarda mamma, sto
volando! Sto volando!»
«Hai visto come volavo?»
Elga si voltò di scatto sentendosi toccare
un braccio all’improvviso.
Rea le sedeva a fianco lasciando oscillare i
piedini mentre le dita giocherellavano nervose con i bottoni del giubbotto di
jeans. Come sempre non l’aveva sentita arrivare. [… ](passo tratto da Reborn)
Il negozio di Elga:
quello che vedete in foto è l’ospedale delle bambole di Napoli ma più o meno
così apparirebbe anche il negozio di Elga. Ubicato nel paese vecchio si compone
di due vani: uno adibito a laboratorio per la creazione delle bambole, l’altro
destinato a una piccola esposizione e alla vendita. Oltre che luogo di lavoro,
per Elga è un rifugio, un posto in cui sentirsi al sicuro quando tutto va a rotoli.
[…] Trattenne il pianto fino a che non fu al
sicuro nel suo negozio. Giunta lì, si chiuse la porta alle spalle, corse al
lavandino nella stanza sul retro, aprì il rubinetto e si bagnò la faccia. Solo
a quel punto consentì alle lacrime di scorrerle sul viso mescolandosi con
l’acqua.
“Sono sola” pensò quasi lo realizzasse
davvero unicamente in quell’istante. “Maledettamente sola.”[…] (passo tratto da
Reborn)
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